Flat Preloader Icon

Edizioni Nuova Cultura

La fin du millénaire

19.00

Costi per la spedizione

…Nel labirinto di personaggi costruito da Arbia trovo ben delineata la demolizione di luoghi comuni deleteri, attraverso la straniante presenza a cornice della storia, di un coro tutto moderno e contrapposto: da un lato i borghesi, tranquilli del proprio bisogno e del proprio consumo, dall’altra i miseri e i diseredati, gli ultimi, i Reietti, dentro il confine di un’ansia cupa, certo vibrante della ricerca del senso di ogni gesto, che non si stacca dal cuore. Nebbia e desiderio, mentre gli occhi cercano invano il corpo di un volto nel cui sguardo riposare, senza dover pensare, agitare acque, ma solo nuotare verso la spada del sole, alba e tramonto di un unico luminoso orizzonte possibile… Di Giuseppe Arbia, personalità eclettica, cultore di varie arti, fine scrittore di racconti, ma di professione brillante studioso di Statistica, tra i più giovani Ordinari della sua materia, ho apprezzato con sincera meraviglia i quattro testi di Solo un istante (pubblicati da Nuova Cultura, n.d.r.), in particolare quello eponimo, profondo, tragico, con un agile e sintetico meccanismo teatrale e con l’occhio di bue puntato su monologhi di grande efficacia e rispetto del rito della scena, lancinanti e decisi come lame… In questo testo, più articolato e ambizioso, incastrato su più piani, con lo straniamento onirico, luci e ombre fin dal denso incipit, rifluisce la tematica centrale di Solo un istante: come i cavalieri della tavola rotonda, i personaggi, in una maturità difficile, nel deserto dell’esistenza comprendono di aver perso le ardite speranze della giovinezza. Per lo più le hanno sepolte e soffocate con vari impegni e situazioni, dal lavoro alle donne. Alberto, resta, invece, ancora in cerca della promessa di una dimora… Lancinante torna il grumo espresso dal titolo dell’altra raccolta: l’istante di un incontro sconvolgente in un normalissimo particolare di esistenza, qui ripresentato con i toni ossessivi che potrebbero ricordare da lontano tematiche di un certo teatro novecentesco soprattutto francese (ma in Italia con Betti e Fabbri) di tragico cristiano: «Non so, vorrei credere. Vorrei continuare a credere. Come ho sempre fatto tutta la vita. Ma poi la vita ti cambia. Ti mostra tante cose che non capisci, ti fa venire tanti dubbi. Vedi, la fede non è qualcosa che hai dentro, non è neanche qualcosa che si può dire che hai. Non la possiedi. E’ qualcosa che vedi. Qualcosa che ti abbraccia da fuori. Un abbraccio che oggi c’è e domani può non esserci»… Forse Giuseppe Arbia, con la voce sommessa della memoria, dentro la stritolante ossessione del dubbio, ci indica, in fine, quell’abbraccio per sempre e per oggi, dentro il mare sconfinato di un orizzonte. Dall’Introduzione di Fabio Pierangeli La Fin du millénaire è stata rappresentata per la prima volta il 13 dicembre del 2008 al teatro Foce di Lugano dalla compagnia di Manuela Bernasconi.


Giuseppe Arbia (Roma, 1958) è Professore Ordinario di Statistica Economica. Sempre per i tipi di Nuova Cultura nel 2005 ha pubblicato la raccolta di opere Solo un istante: e altri drammi teatrali. Per il teatro con la Compagnia “Palcoscenico ’95” di Pescara ha scritto adattamenti e messo in scena, come attore e come regista, diversi lavori tra i quali Camere da Letto di Alan Ayckborne, Ma e Dio di Woody Allen, I fisici di Friedrich Durrenmatt e Snaps Provolone: o dell’impossibilità di essere onesto tratto da un lavoro di Claude Magnier. Con altre compagnie teatrali ha portato in scena La bottega dell’orefice di Karol Wojtyla e Il soldato spaccone di Plauto. Ha anche scritto numerose novelle alcune delle quali sono incluse nella raccolta L’ultimo Block Notes di Italo Calvino pubblicata da Nuova Cultura nel 2006.[:en]… Nel labirinto di personaggi costruito da Arbia trovo ben delineata la demolizione di luoghi comuni deleteri, attraverso la straniante presenza a cornice della storia, di un coro tutto moderno e contrapposto: da un lato i borghesi, tranquilli del proprio bisogno e del proprio consumo, dall’altra i miseri e i diseredati, gli ultimi, i Reietti, dentro il confine di un’ansia cupa, certo vibrante della ricerca del senso di ogni gesto, che non si stacca dal cuore. Nebbia e desiderio, mentre gli occhi cercano invano il corpo di un volto nel cui sguardo riposare, senza dover pensare, agitare acque, ma solo nuotare verso la spada del sole, alba e tramonto di un unico luminoso orizzonte possibile… Di Giuseppe Arbia, personalità eclettica, cultore di varie arti, fine scrittore di racconti, ma di professione brillante studioso di Statistica, tra i più giovani Ordinari della sua materia, ho apprezzato con sincera meraviglia i quattro testi di Solo un istante (pubblicati da Nuova Cultura, n.d.r.), in particolare quello eponimo, profondo, tragico, con un agile e sintetico meccanismo teatrale e con l’occhio di bue puntato su monologhi di grande efficacia e rispetto del rito della scena, lancinanti e decisi come lame… In questo testo, più articolato e ambizioso, incastrato su più piani, con lo straniamento onirico, luci e ombre fin dal denso incipit, rifluisce la tematica centrale di Solo un istante: come i cavalieri della tavola rotonda, i personaggi, in una maturità difficile, nel deserto dell’esistenza comprendono di aver perso le ardite speranze della giovinezza. Per lo più le hanno sepolte e soffocate con vari impegni e situazioni, dal lavoro alle donne. Alberto, resta, invece, ancora in cerca della promessa di una dimora… Lancinante torna il grumo espresso dal titolo dell’altra raccolta: l’istante di un incontro sconvolgente in un normalissimo particolare di esistenza, qui ripresentato con i toni ossessivi che potrebbero ricordare da lontano tematiche di un certo teatro novecentesco soprattutto francese (ma in Italia con Betti e Fabbri) di tragico cristiano: «Non so, vorrei credere. Vorrei continuare a credere. Come ho sempre fatto tutta la vita. Ma poi la vita ti cambia. Ti mostra tante cose che non capisci, ti fa venire tanti dubbi. Vedi, la fede non è qualcosa che hai dentro, non è neanche qualcosa che si può dire che hai. Non la possiedi. E’ qualcosa che vedi. Qualcosa che ti abbraccia da fuori. Un abbraccio che oggi c’è e domani può non esserci»… Forse Giuseppe Arbia, con la voce sommessa della memoria, dentro la stritolante ossessione del dubbio, ci indica, in fine, quell’abbraccio per sempre e per oggi, dentro il mare sconfinato di un orizzonte. Dall’Introduzione di Fabio Pierangeli La Fin du millénaire è stata rappresentata per la prima volta il 13 dicembre del 2008 al teatro Foce di Lugano dalla compagnia di Manuela Bernasconi.

Giuseppe Arbia (Roma, 1958) è Professore Ordinario di Statistica Economica. Sempre per i tipi di Nuova Cultura nel 2005 ha pubblicato la raccolta di opere Solo un istante: e altri drammi teatrali. Per il teatro con la Compagnia “Palcoscenico ’95” di Pescara ha scritto adattamenti e messo in scena, come attore e come regista, diversi lavori tra i quali Camere da Letto di Alan Ayckborne, Ma e Dio di Woody Allen, I fisici di Friedrich Durrenmatt e Snaps Provolone: o dell’impossibilità di essere onesto tratto da un lavoro di Claude Magnier. Con altre compagnie teatrali ha portato in scena La bottega dell’orefice di Karol Wojtyla e Il soldato spaccone di Plauto. Ha anche scritto numerose novelle alcune delle quali sono incluse nella raccolta L’ultimo Block Notes di Italo Calvino pubblicata da Nuova Cultura nel 2006.

Pagamento sicuro garantito
Peso 0.167 kg
Dimensioni 20 × 12.5 cm
La fin du millénaire
19.00
Torna in alto