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Edizioni Nuova Cultura

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Bonum Ordinis

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La nostra epoca è segnata da una “lotta per la rappresentanza” tra grandi simbolizzazioni dell’ordine (E. Voegelin); come riedificare, a partire da ciò, una teoria politica in grado di parlare all’uomo nella sua integralità, e di parlare a tutti gli uomini? All’inizio del novecento, il neoromantico Othmar Spann, con la sua scienza sociale “universalista”, rinnova l’ideale classico di una teoria politica intesa come “scienza architettonica” e, contro il positivismo e le dottrine dell’avalutatività (M. Weber), il tema di una finalità propria della comunità nel suo insieme, che eccede gli interessi dei singoli suoi membri. Ma per poter raggiungere nuovamente un’idea di ordine condiviso, e una concezione teleologica della vita civile, per prima cosa nella nostra cultura bisogna sgombrare il campo da una gran quantità di visioni distorte e frammentarie del mondo che si sono affermate nel senso comune tardo-moderno, e che dimostrano di continuare a dominare il nostro linguaggio politico-esistenziale ben oltre la “fine delle ideologie”. Di fronte al libertarismo, all’evoluzionismo, al formalismo, al mercatismo, all’ambientalismo apocalittico, al pacifismo, al fondamentalismo e addirittura alla nostalgia per il paganesimo, la political science – con il mito della pura descrizione e la rigida settorializzazione dei suoi ambiti di studio – può fare ben poco. È necessaria invece una critica filosofica della cultura, in grado di mostrare come tutte queste dottrine poggino su aspetti parziali della realtà; serve cioè una compiuta “critica dei monismi”, così come la sviluppa, ad esempio, il filosofo Alois Dempf tra gli anni venti e cinquanta del XX secolo. Per un’analisi speculativa delle concezioni parziali della realtà non basta infatti rifarsi alle teorie “fallibiliste” della ragione (K.R. Popper), ma è necessario ricostruire un’antropologia su basi filosofiche. Una dottrina dell’uomo e della sua piena realizzazione intellettuale e morale trascende però la dimensione meramente naturale e rinvia al soprannaturale. È in questo contesto che va rinnovato il legame tra ragione e fede, e il tema della “razionalità della fede”, elaborato fin dalle origini dalla teologia e dalla filosofia cattolica, su cui ha tanto insistito, negli ultimi anni, anche Benedetto XVI. L’etica sociale allora – ben oltre un semplice catalogo di diritti – ha la possibilità di divenire la disciplina di raccordo tra la sfera delle verità teologiche e l’insieme delle scienze politiche e dell’uomo, una compiuta e differenziata scienza dell’ordine sociale, istituzionale, politico e soprattutto umano, in grado di rinviare sempre al suo Ordinatore. Solo riattivando questo flusso è possibile intendere in pieno gli antichi principi del “bene comune”, della “sussidiarietà”, della “libertà di coscienza” ecc., oggi più citati che compresi nella loro autentica portata metafisica.


Giovanni Franchi (Roma 1967) è ricercatore di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Teramo, dove attualmente insegna Scienza politica. Studioso di Eric Voegelin, Othmar Spann, Ludwig Wittgenstein e dell’attualismo italiano, attraverso l’opera di Alois Dempf negli ultimi anni ha orientato i propri interessi verso tematiche di filosofia della cultura e di etica sociale.

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Peso 0.481 kg
Dimensioni 24 × 17 cm
Bonum Ordinis
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